Quando si
gestisce la cosiddetta azione penale, in particolare in fase istruttoria, cioè
in quei momenti durante i quali col codice di procedura alla mano gli
inquirenti raccolgono prove che il pubblico ministero poi utilizzerà per
chiedere il rinvio a giudizio (le stesse che serviranno eventualmente in aula
contro la difesa), non dovrebbero certo essere gli
indizi a corroborare le lacune della scienza, semmai il contrario. In
entrambi i casi è evidente che in un qualsiasi processo indiziario non ci
sono e non ci saranno mai certezze. Dire che il tale test del dna,
se anche contiene un elemento di errore non può lasciare dubbi all'accusa in quanto ci
sono poi gli altri indizi a corroborarne la validità, non significa altro se non che tale conclusione fa, sul
piano formale, acqua e arriva al massimo a dimostrare uno spaparacchiato pressappoco, quel pressappochismo
di cui gli italiani sono maestri nel mondo (il colpevole è pressappoco questo ... il
colpevole è “praticamente” questo - vedi il mio post precedente).
La questione
può essere anche facilmente (ac)quantizzata, cioè allegata come somma. Se la
probabilità che un certo indagato non
sia l’autore di un reato è zero virgola
zero zero zero zero zero zero zero zero qualcosa e se perciò non esiste "assoluta certezza" (il dire “assoluta certezza” è già una boiata
logica e se ci fosse veramente certezza non si capisce per quale ragione venga
fornito un margine di errore, infinitesimale quanto si voglia) e se gli indizi
ugualmente per loro natura concorrono allo stesso modo con degli zero
qualcosa, allora sommando tutti questi zeri, lo zero della
“prova scientifica” e gli zeri degli indizi, il risultato è sempre zero. Zero
più zero fa ancora zero, anche se fa qualcosa.
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