La formula del libero convincimento del giudice (la conviction intime dei sedicenti "rivoluzionari" francesi) è un'aberrazione di qualsiasi codice penale o civile che la contenga. Il giudice, in quanto uomo (o donna), e nonostante le motivazioni che dovrà addurre, può sbagliare o può essere influenzato dal denaro e anche dalla propria stupidità o prevenzione o antipatia dell'imputato (vedi quanto dice a proposito in un'intervista il meraviglioso giudice Michele Morello, consigliere al processo Tortora in appello ). I tre gradi di giudizo previsti dalla Costituzione sono un'ulteriore aberrazione conseguente all'aberrazione inziale: una cosa altamente sciamannata, un po' come una donna che sostituisce il bottone del reggicalze con un'aspirina. Nel frattempo, in attesa che si riuniscano in pompa magna gli impellicciati dagli stipendi d'oro, gli uomini e donne in ermellino, l'innocente, già condannato in primo o secondo grado, è stato esposto alla gogna disgustosa delle decisioni fasulle dei precedenti colleghi che hanno "giudicato" e della stampa e televisione oscena. Paradossalmente, la prova legale, che valeva prima dell'introduzione di questa aberrazione del libero convincimento, con tutti i suoi formalismi era l'unica strada da percorrere e da migliorare. In altri termini, una persona dovrebbe potersi condannare soltanto sulla base di prove assolutamente certe e il cui standard di certezza non può essere stabilito dal giudice, che dovrà semplicemente scendere dal piedistallo dell'onnipotenza nel quale si sente messo da Dio e limitarsi ad apporre un timbro a una sentenza già scritta da prove reali. In dubio quindi sempre ed esclusivamente pro reo (altra formula che paradossalmente - in quanto ci convive - contraddice la giustezza della formula del libero convincimento e della prova indiziaria.
Il processo indizario è d'altronde fondato su una logica unitaria che ha sempre lasciato il tempo dove l'ha trovato - si possono facilmente immaginare milioni di casi di persone condannate sulla base di moventi che erano l'opposto di quelli reali o anche immaginati, quando l'imputato non ha commesso un bel niente. Ad esempio un uomo odia la moglie perché l'ha tradito (chiamiamo questa moglie Badilia, come in un episodio di Creep Show firmato da Romero). Badilia scivola su una macchia d'olio in cucina mentre ha in mano un coltello con cui sta trinciando la carne, col marito che aspetta e urla e scalpita nel soggiorno con la forchetta in mano (Badilia, I want my meat! I want it! - nello short di Romero in realtà Badilia è la figlia, chi urla è il padre padrone, che vuole la sua torta, e Badilia alla fine lo ammazza). Nel frattempo Badilia sta morendo o è già morta in cucina, caduta sul coltello che stava usando. Al processo il movente sarà la gelosia mentre è possibile che il marito avesse previsto di ucciderla ma non con un coltello, magari avvelenandola. Il movente qui semplicemente non esiste, perché non esiste il reato. Vai a spiegare al libero convincimento del giudice che Badilia è morta perché sentendosi agitata, incazzata col marito che le urlava da un'altra stanza ha finito per perdere la cognizione dello spazio e delle cose.
Allo stesso modo, prendere come prove consistenti le impronte lasciate sul lavandino del bagno dal fidanzato della vittima, o il dna sul reggiseno dell'amante, sono aberrazioni della "ragione" che discendono direttamente dall'introduzione di questa infamia del libero convincimento del giudice: anche quando si accumulano più "prove" di questo tipo nello stesso processo, perché zero più zero fa sempre zero (come diceva un famoso avvocato in un celebre processo fondato unicamente sul credo di una banda di pentiti, che s'erano messi d'accordo per alleviare le pene del carcere - ai giudici che così condannarono pure Lisia avrebbe fatto un baffo).
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