domenica 21 dicembre 2014

Manuali universitari inutili e il trenta meritato

La maggior parte dei manuali universitari delle facoltà scientifiche è assolutamente inutile. Nonostante rispecchino un po' tutti una qualche visione altruistica dell'esistenza, una buona predisposizione pedagogica, si rivelano poi inutili essenzialmente per due motivi: primo sono scritti male, sono cioè incomprensibili, involuti, agganciati al mito superiore dell'intelligenza: danno l'impressione che l'autore non ha compreso affatto le questioni che tratta, si rivelano le sue tortuosità mentali  o quelle dell'autore da cui ha scopiazzato, il quale a sua volta ha pure lui scopiazzato (che è sempre un dramma per un manuale, soprattutto in meccanica analitica, e in generale in fisica teorica, perché lo studente è costretto a fare un doppio sforzo: cercare di capire un argomento già di per sé complesso e farlo attraverso le cervelloticità dell'autore); e poi perché anche quando sono scritti decentemente non riportano che banalità espresse in forma per lo più ellittica. Il che indica che l'autore teme il giudizio "alto", non sta scrivendo per lo studente ma per un suo pari, uno che come lui è già di casa con certe nozioni, se pure queste nozioni sono state capite, se le più elementari implicazioni sul piano intuitivo sono state comprese (pericolo sempre in agguato quando si ragiona costantemente in termini matematici, e che è sicuramente il risultato di un insegnamento della matematica e della geometria già alle origini, nelle scuole medie, pavoneggiante, avulso dall'osservazione dei fatti riguardanti la tecnica, l'arte e la natura, e quindi incapace di suscitare nello studente interesse per le proprietà delle figure geometriche, come faceva osservare gia nel 1949 Emma Castelnuovo nel suo Geometria intuitiva per le scuole medie inferiori, la quale per questo venne quasi linciata, accusata dai colleghi francesi di fare matematica "par les mains sales", con le mani sporche).

Dunque se uno studente di fisica o matematica è costretto (come sarebbe giusto) ad arrivarci da solo, che ragione ci sarebbe di scrivere un manuale? Basterebbe per esempio per le equazioni di Lagrange indicarle e chiedere allo studente di applicarle lui stesso alla meccanica classica, prima di utilizzarle in quella relativistica o nella teoria quantistica dei campi. Un po' di sforzo iniziale ma tanto di guadagnato alla fine.

Così quando feci a fisica, alla Sapienza, l'orale di analisi 1, l'ultima domanda era sulle approssimazioni delle funzioni per mezzo di polinomi. Il professore mi chiese dopo un po', annoiato dal mio ripetere a pappardella il libro di testo, qualcosa sulla formula di Taylor con resto. Gli dissi: "professore, questo in particolare non c'era nel paragrafo sulla formula di Tylor". E lui mi disse: "arrivaci da solo!". Mi prese un colpo, cominciai a sudare, dopo un po' attaccai, con una matita, a fare dei calcoli, a giustificare un passaggio dietro l'altro, ebbi proprio l'impressione che una mano esterna stesse guidando in quel momento la mia di mediocre studente. Alla fine misi giù la matita e feci un sorriso grosso come il sole. Il professorre, che era un famoso normalista, mi disse: "bravo!". E io dissi: "adesso ho capito, è così che si fa la matematica". E lui: "Certo! e io la ricompenso: le do trenta!"

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