domenica 14 dicembre 2014

bellezza e semplicità nella fisica

In un articolo del 1963 pubblicato su Scientific American e intitolato: "The Evolution of Physicist's picture of Nature" (sull'evoluzione dell'immagine che il fisico ha della natura), dedicato ai processi di simmetria e asimmetria delle equazioni, Paul Dirac dice che la simmetria quadridimensionale introdotta dalla teoria della relatività speciale non è esattamente perfetta ("is not quite perfect"), come apparirebbe dall'equazione della distanza invariante dello spazio tempo a quattro dimensioni

                            ds2 = c2dt2 - dx2 - dy2 - dz2

che può essere scritta anche invertendo i segni.

La mancanza di totale simmetria è nel  fatto che il contributo della direzione temporale (c2dt2) non ha lo stesso segno segno del contributo delle tre dimensioni spaziali (- dx2 - dy2 - dz2 ).

Si tratta nel caso della relatività speciale di un fatto quasi irrisorio ("not quite perfect") eppure l'asimmetria sui segni più e meno resta lì, evidente.

Più in generale il fisico dovrebbe secondo Dirac lasciarsi guidare dall'intuito e dalla "bellezza" (beauty), anche quando i suoi calcoli non concordano con i risultati dell'esperienza, e questo perché potrebbe non aver apportato le necessarie correzioni. Quando Schrödinger elaborò la sua prima equazione d'onda, l'applicò immediatamente al comportamento dell'elettrone dell'atomo di dirogeno e i risultati non collimarono con i dati degli esperimenti. Ma, difatti, all'epoca non si sapeva che l'elettrone possiede un numero quantico (o spin).

Così dice Dirac, parodossalmente:

"Credo ci sia una morale in questa storia (quella di Schrödinger): che è più importante avere bellezza nelle proprie equazioni che non preoccuparsi che collimino coi dati degli esperimenti" (I think there is a moral to this story, namely that it is more important to have beauty in one’s equations than to have them fit experiment) e aggiunge:

"se Schrödinger avesse avuto più fiducia nel suo lavoro avrebbe potuto pubblicare la sua equazione d'onda molti mesi prima e in una forma più accurata" (If Schrodinger had been more confident of his work, he could have published it some months earlier, and he could have published a more accurate equation).

Il merito (ma che scopo ha il merito in ogni campo se non quello di alimentare l'onnipresente amor proprio) se lo presero (almeno sul piano relativistico) Klein e Gordon e così è conosciuta oggi l'equazione.

Ma ancora, il punto di tutta la questione è un altro: se sia giusto come dice Dirac lasciarsi guidare dalla bellezza in fisica:

"se si lavora prefiggendosi lo scopo di ottenere bellezza nelle proprie equazioni e se uno possiede un ottimo intuito allora si è sicuri che la strada è giusta" (It seems that if one is working from the point of view of getting beauty in one’s equations, and if one has really a sound insight, one is on a sure line of progress).

Probabilmente no, non è giusto: è vero che la maggior parte delle equazioni conosciute esercita sul piano dell'immagine e dell'immaginazione un'attrattiva che può lasciare, chi sa leggerle (anche in traduzione) senza fiato (e mi succedeva quando ero giovane studente di fiisica e prima di imbarcarmi per la tangente in tutt'altra direzione e tipo di studi, e mi succede ancora quando leggo un articolo specialistico di fisica - ma non si può dire quanto questo entusiasmo non sia dovuto al delirio, al fanatismo al gusto dell'osservatore della formula. E' giusto parlare invece di semplicità più che di bellezza. Non vi è niente di simmetrico nella formula del secondo principio della dinamica classica, newtoniana:

                            F =  ma

qello che è vero è che è però di una semplicità sconvolgente. Ma l'equazione semplicità uguale bellezza lascia il tempo che trova: né bellezza è sempre semplicità né vale il contrario, e la dichiarazione di bellezza di un qualsiasi evento, apparizione eccetera è un fatto esclusivamente ideologico e manipolatorio (neanche soggettivo): così come un Giovanni Battista che predica nel deserto e mangia cavallette e si veste di pelli ispide appare bello in tutta la sua semplicità esclusivamente a chi ci vuol vedere la bellezza o a chi è stato educato a vedercela. Niente di naturalmente collegabile tra bellezza e semplicità. Pura ideologia.


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