lunedì 29 aprile 2013

La medicina i germi e la letteratura. Un ricordo di Isaac Bashevis Singer




                            Brueghel il Vecchio - La parabola del cieco


Dice Neville, il personaggio del mio romanzo inglese citato nel post su Chatwin, che l’inglese parlato a Londra è una realtà polverosa (dusty) se lo si confronta con l’inglese di New York. Polveroso è un termine che non saprei come meglio definire; ed effettivamente in generale non saprei dare nessuna spiegazione delle cose che scrivo se non che il modo in cui le scrivo è il miglior modo in cui  potrei farlo.

Oggi credo che Neville, che parlava in epoca post-Thatcher, quando a governare la Gran Bretagna c’era l’anche più grigio Major, verrebbe a contatto, tornando a New York, con un inglese newyorkese meno magico, e forse più asettico: di sicuro non ritroverebbe più molti di quei piccoli caffè dove gli piaceva andare sulle orme di Isaac Bashevis Singer (che scriveva in yddish) alla ricerca di qualche volto che pensa di aver perduto per sempre - e di cui parla a Fanfan, il giovane narratore, che ormai teme di essere finito nelle mani di uno psicopatico:
 
   ‘… perhaps death is not the end, and people do miraculously live on, even if just in the memory of those who knew them.’
    
   “... forse la morte non è tutto, e le persone continuano a vivere, fosse anche nella memoria di chi le ha conosciute. Ma sono veramente morte?”

Ma proprio grazie a Singer, cioè grazie alla letteratura, Neville ritrova ugualmente la sua New York: il luogo di ogni possibile incontro, anche con chi crede che sia già morto. E quando scrivevo questo romanzo mi sembrava di capire che Neville fosse andato a New York proprio per cercare di ritrovare nelle sue strade, in uno dei tanti volti di quella città, sua nonna Zita, che in punto di morte gli impedirono di vedere, rinchiusa in una stanza asettica. La rivide soltanto nella forma impalpabile di una colonna di fumo che saliva dalla ciminiera del crematorio. Il suo pensiero, allora, era stato abbastanza frivolo, forse perché sognava o immaginava che l’avrebbe comunque nuovamente incontrata. Dice tranquillo, a un Fanfan circospetto, che di quella cremazione l’aveva incuriosito soltanto un particolare tecnico:
  
   “Nel momento in cui Zita veniva cremata, qualcuno – credo fosse l'impiegato delle pompe funebri – mi disse che le differenti parti del corpo bruciano separatamente. Una cosa che già sapevo, ovviamente: il teschio resta intatto fino alla fine. E poi esplode” (‘the skull is left to the last. It explodes’).
  
Non si riesce a capire se Fanfan, che sta diventando cieco, creda veramente all’inquietante Neville quando Neville gli dice a un certo punto di essere un medico. Non sembra nemmeno voler capire se ci sia ironia quando dopo vergli detto che l’ultimo libro di Singer è una fogna di noia (totally dreary), Neville aggiunge, su quei suoi possibili incontri con gente scomparsa:
  
“I haven’t ever really recognized anybody, though I haven’t given up looking …”
  
“Non ho mai riconosciuto nessuno, anche se ovviamente non ho mai smesso di guardare …”


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