mercoledì 7 gennaio 2015

ancora su Paolo VI: quel viavai di Dio tra paradiso e inferno

Difficile non avvertire l'espressione di un atto di fede nelle parole di soffuso rimprovero che il vecchio e ormai prossimo alla fine Paolo VI (sicuramente il più grande e moderno dei papi del Novecento) sembra rivolgere, quasi disilluso, a Dio nella messa di suffragio per Aldo Moro, a San Giovanni in Laterano: "un sommesso rimprovero che si trasforma subito in un profondo atto di fede", commenta giustamente la voce di un giornalista in un famoso video sull'evento. E difficile non sentirci gli echi di tutto l'Antico Testamento,
da Samuele (1, 2, 6) in primo luogo, ai Salmi, a Ezechiele, al Libro dei Re, all'Ecclesiaste, al Deteuronomio, a Giobbe, fino all'Apocalisse del Nuovo Testamento, al Libro della Rivelazione: l'immagine cioè del Dio della vita e della morte:

יְהוָ֖ה מֵמִ֣ית וּמְחַיֶּ֑ה מֹורִ֥יד שְׁאֹ֖ול וַיָּֽעַל׃ 

e il Signore fa morire e riporta in vita, fa scendere nell'inferno (Sheol) e fa risalire

tutti verbi originariamente intransitivi e usati come causativi: muth (morire), yarad (scendere), alah (salire).

שְׁאוֹל (Sheol) è in effetti un nome femminile: tutto ciò che ha un interno non può che essere in origine femminile, anche quando è recuperato al maschile - e vedi la sua personificazione in Isaia 5,14: una sorta di mostro che apre la bocca smisurata  (וּפָעֲרָ֥ה פִ֖יהָ לִבְלִי־חֹ֑ק - ufa'ara fiha libli hoq). E'  in origine il luogo sotterraneo, e se associato a שׁאל - sha'al - domandare, chiedere, diventa il luogo del giudizio - il che non sorprenderebbe considerata la funzione che in quelllo stesso millennio di formazione dei testi della Sacra Scrittura finisce per avere Ade nel mondo ellenico: da dio della fertilità - si sarebbe tentati di dire dell'utero, della cavità - a dio del giudizio:  sia che si intenda Ade come luogo che come personificazione: di tribunale o di giudice dell'oltretomba, e a partire gia da Pindaro:

τὰ δ᾽ ἐν τᾷδε Διὸς ἀρχᾷ
ἀλιτρὰ κατὰ γᾶς δικάζει τις ἐχθρᾷ
60λόγον φράσαις ἀνάγκᾳ:


e quelli commessi in questo regno di Zeus -
i peccati dico - sotto terra giudica qualcuno con implacabile
necessità indicandone la sua sentenza (Ol., 2, 58-60)

ma anche nello stesso V secolo in Eschilo, nelle Eumenidi:
  
ὄψει δὲ κεἴ τις ἄλλος ἤλιτεν βροτῶν
ἢ θεὸν ἢ ξένον
τιν᾽ ἀσεβῶν† ἢ τοκέας φίλους,
ἔχονθ᾽ ἕκαστον τῆς δίκης ἐπάξια.
μέγας γὰρ Ἅιδης ἐστὶν εὔθυνος βροτῶν
ἔνερθε χθονός,
δελτογράφῳ δὲ πάντ᾽ ἐπωπᾷ φρενί (Eum., 269-75)


e vedrai se un altro dei mortali che peccò
contro un dio o contro uno straniero
non onorandolo, né onorando i cari genitori,
non abbia ciascuno la giusta pena.
Grande giudice è Ade
sotto terra
che tutto tiene e registra nella mente

(letteralmente osserva [racchiude] in una mente che tiene i conti, che registra - δελτογράφῳ φρενί. Il luogo corrotto, nel testo, non cambia la sostanza delle cose).

In questa stessa ottica, di continuità e di commistione di culture, c'è da credere che soltanto in seguito, in un secondo tempo, l'anima buona cristiana potrà giungere altrove: al luogo dei beati. Il passaggio, il transito nello Sheol, dopo la morte, se non si vuole togliere un senso immediato a parecchi passi dell'AT, sarebbe per chiunque d'obbligo, a parte i suoi usi in senso figurato, e allora sarà il luogo dell'angoscia del peccatore, di Dio che l'abbandona. Quindi l'associare Dio, come fanno i cristiani, a un luogo ben preciso (i cieli, il Paradiso), non ha molto senso. La sua essenza non può che essere perenne dinamismo (un po' come il Dio della Cappella Sistina): un movimento costante dall'alto verso il basso, dal Paradiso all'Inferno e viceversa, e visto l'alto tasso di mortalità che dalle origini caratterizza il mondo, viene quasi da pensare che non ci sia assolutamente sosta in questo movimento: l'uomo continuerà a dargli da fare anche dopo la morte (vedi quanto ho scritto sui delfini e la fuga degli dei), sempre se non si vorrà accettare che Dio cessi di essere il Dio della vita e della morte, che demandi il giudizio immediato dell'anima alla creatura del male, che risiede invece permanentemente nello Sheol, nell'Inferno.




 

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