sabato 10 gennaio 2015

i giornali, la libertà e i peti

Il giornalismo di oggi come quello di ieri - diciamo i grossi giornali dietro i quali si nascondono i grossi gruppi finanziari - non ha come oggetto né la libertà né la verità, nemmeno in una concezione della libertà o della verità in senso classico, dal momento che un giornale si definisce in base al suo valore di oggetto effimero, ossia che ha la durata di un giorno.
Di conseguenza il suo sbandierato oggetto è una verità e una libertà che ha bisogno di essere riaffermata ogni giorno, segno che quella del giorno prima non era sufficiente se non a riprodursi. Inoltre un giornale (cartaceo o sito) viene prodotto da gente che non fa che lanciare peti nelle redazioni e ammorbare l'aria a chi gli siede vicino, come succede in un qualsiasi bar dello sport. E' anzi, il giornalismo, l'ultima ruota di un ipotetico carro della libertà e della verità. Della libertà, perché è molto difficile combattare con un lauto stipendio in tasca per la libertà di chi muore di fame - chi muore di fame a tutto pensa meno che alla "libertà" (il motivo per cui Repubblica, giornale sedicente di sinistra, pur disponendo di un sapientone che è diventato famoso per aver scritto un libro che è una rielaborazione di un'accozzaglia di copia e incolla - non ha mai capito niente della Camorra).

Della verità è il fanalino di coda, perché essendo la verità una nozione eminentemente teologica, i giornalisti sono saltati sul carro per ultimi. Si potrebbe ripetere del giornalismo quello che diceva il giovane medico Lacan a proposito della scienza quasi cento anni fa, in un articolo del 1936, "Au delà du 'Principe de réalité'", pubblicato su L'Évolution Psychiatrique (quaderni di psicologia clinica e psicopatologia generale):

Qu’on entende bien ici notre pensée. Nous ne jouons pas au paradoxe de dénier que la science n’ait pas à connaître de la vérité. Mais nous n’oublions pas que la vérité est une valeur qui répond à l’incertitude dont l’expérience vécue de l’homme est phénoménologiquement marquée et que la recherche de la vérité anime historiquement sous la rubrique du spirituel, les élans du mystique et les règles du moraliste, les cheminements de l’ascète comme les trouvailles du mystagogue.


Cette recherche, en imposant à toute une culture la prééminence de la vérité dans le témoignage, a créé une attitude morale qui a été et reste pour la science une condition d’existence. Mais la vérité dans sa valeur spécifique reste étrangère à l’ordre de la science : la science peut s’honorer de ses alliances avec la vérité ; elle peut se proposer comme objet son phénomène et sa valeur ; elle ne peut d’aucune façon l’identifier pour sa fin propre. (fasc. 3, p. 73).

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