giovedì 22 gennaio 2015

misericordia contro bontà. doppiezza e inganno

אחת ׀ דבר אלהים שתים־זו שמעתי 

una volta Dio ha parlato, queste due cose io ho sentito

Una volta nel senso teologico del Verbo, interpreta sant'Agostino (sup. ps. 61): Dio parla attraverso il Verbo e il Verbo è unico, è unigenito, unico generato, ciò che non impedisce che in questo flusso unitario ci si possa percepire tutto. E questo a partire dal duplice: da ciò che segue l'unità, o è prossimo all'unità.

L'interpretazione di Agostino, secondo il Verbo, è evidentemente forzata: ed è debitrice alla teologia sapienziale e giovannea. E tuttavia che Dio parli una sola volta (che l'abbia fatto all'inizio dei tempi o anche prima) è comprensibile, e discende dalla
stessa definizione di Dio (Dio è singolare, quindi uno). Quello che invece è interessante di questo finale del salmo 61 (su cui nessun commentatore, nemmeno i divulgatori odierni alla Ravasi, riflettono) è che la natura umana sembrerebbe condannata quantomeno al duplice, al doppio, alla doppiezza, alla menzogna; oppure al pleonasmo, al di più, al non necessario. Le due cose che il salmista sente sono in effetti:

 כי עז לאלהים 

che la potenza è di Dio

e

ולך־אדני חסד  

che tua, o Signore, è la bontà

dove la seconda è diretta conseguenza della prima, e si potrebbe, a rigore, omettere: nella potenza di Dio è già la possibilità di esercizio della bontà.

 (l'ebraico חסד - khased - è bontà ma è sempre stato erronemanete inteso come misericordia, qui come in altri passi delle Scritture dove è in gioco il rapporto con l'autorità,  e questo già nella versione dei LXX (ἔλεος), e poi in san Girolamo: si forza cioè una visione ad oltranza: l'uomo incardinato sempre e comunque nel peccato. Lo sviluppo della nozione di bontà può essere seguito invece (anche in una situazione di dipendenza e sudditanza) lungo un percorso indipendente dall'esercizio della misericordia - basterebbe pensare a un rapporto di pari in cui una persona esercita la funzione di super partes; e si pensi ai tanti sistemi di vassallaggio, nei quali non è affato in discussione una nozione di misericordia quanto di magnanimità, di generosità, di liberalità del signore).

Il pleonasmo è poi in letteratura, nei casi migliori, necessità stilistica, di ripetizione - la lingua batte dove il dente duole.



 



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